mercoledì 24 febbraio 2016

Esprimere liberamente la nostra tensione - Modi

Sono stato invitato più di una volta a partecipare al Music Freedom Day, queste giornate di dibattito e musica sulla censura nell'ambito artistico, e soprattutto CONTRO la censura in ambito artistico ed in generale. Quindi il tema da condividere è quello della libertà di espressione. Sono molto felice di aver avuto la possibilità di dare il mio piccolo contributo a questo dibattito, un raro caso in cui la mia di libera espressione è stata richiesta anziché sgradita! Io vengo fin da molto giovane (da quando avevo 15 anni) dall'ambiente della controcultura punk che fa un po’ da filo rosso tra gli spazi sociali, le idee anarchiche anti-militariste, ed i più squallidi bar di periferia. Oltre a questo sono un musicista: suono il basso con un mio stile e canto (pure un po’ stonato), e scrivo delle parole.
 Nelle mia esperienza la libertà di espressione ha sempre comportato uno sforzo, una lotta,
un conflitto. Per questo più che vederla come una libertà che ci si deve aspettare diciamo "per gentile concessione" la mia testa la vede invece molto legata ad una tensione esistenziale. In fondo esprimersi in sè comporta una tensione, dall'interno verso l'esterno. 
Quando ero cinno, come si dice a Bologna, per esprimere ciò che non mi andava ho deciso di entrare in conflitto, anche nel senso di auto-emarginarmi da certe dinamiche, prima coi miei, poi in parrocchia, poi a scuola, poi a lavoro ecc...il mio esprimermi ha richiesto un costo e tante scelte, ma dentro di me sapevo come so oggi che era necessario farlo, proprio nel senso che era inevitabile, tipo "libertà o morte!". A livello collettivo questo tipo di tensione è quasi la stessa che si può trovare in uno spazio occupato: quelle idee, quei suoni, quei percorsi da quelle mura sgretolate vogliono uscire e comunicare alla città. 
Si deve essere disposti ad un conflitto per questo, ma anche qui è inevitabile...perchè per esistere si ha bisogno di uno spazio. Come il seme ha bisogno della terra.
Il contributo che tengo di più a portare (perchè non riguarda solo me ma tanti e tante simili a me) è proprio questo: considerare la repressione di uno spazio come una censura collettiva.
Gli sgomberi, le cariche, le porte e le finestre murate di spazi dove l'obiettivo non è il profitto e dove la S.I.A. E. verrebbe accolta con grasse risate, questa E' CENSURA. Anche le lettere di Equitalia a spazi di aggregazione come può essere una sala prove nel quartiere S. Donato E' CENSURA. La Procura E' CENSURA!
A chi esercita il potere di reprimere non danno fastidio singoli artisti con visioni provocatorie, tanto se diventano abbastanza popolari possono al limite essere riassorbiti con un contratto discografico. Con le rivolte, a volte, si sono vendute tante copie. La vera Libertà di espressione viene censurata piuttosto quando offre una effettiva libertà di cambiamento, dei costumi, dei sensi, della vita insomma. L'autogestione dell'espressione da davvero fastidio, anche nella musica. L'autogestione di sè da davvero fastidio.
 Anche a Bologna più che mai.
 E allora cosa si può fare contro la censura?
 Per tendere alla nostra libertà d'espressione non serve altro che esprimere liberamente la nostra tensione.

MODI

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