La scrittura sia essa poesia, narrativa, saggistica o drammaturgia rappresenta la testimonianza unica di chi l’ha prodotta. Censurarla è discriminazione umafemìna (relativa all’uomo e alla donna, ndr), esercizio capillare di razzismo mentale.
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Ammesso
che si riesca ad ottenere la piena libertà di parola, siamo sicuri
che essa corrisponda ad una piena libertà di pensiero? Il nostro
condizionamento è così millenario da risultare ormai
controrivoluzionario
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Tutti
dovrebbero essere messi in grado di scrivere il libro (singolo o
multiplo) della propria vita perché essere poeti è questo e questo
soltanto.
Ma c’è chi riesce a dare la propria testimonianza
raccontando in parole la musica della sua esistenza innervata alle
immagini che l’hanno animata, e chi no.
Ecco la prima e più
grande offesa che può farsi all’umafeminità: l’autocensura per
l’altrui costrizione dura.
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Chi
censura i libri li legge, chi li ignora li dileggia, chi non li
scrive si sfregia (: e il modo boccheggia)
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il
mondo è di pochi violenti che non possono permettere che la
consapevolezza di ciò si diffonda sino a mettere a rischio la loro
assoluta predominanza su tutti gli altri, vittime senza appello (con
l’eccezione di qualche corvo fratello)
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la
verità oscurata è una menzogna onorata
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sarebbe
tempo ormai di censurare i censori, sporchi sfruttatori senza onori
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Siamo
tutti sotto censura continua e dura ma per non rendercene conto i
padroni ogni tanto si dilettano a darci in pasto qualche caso più
eclatante (: per loro esilarante) di verità rivelata
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