venerdì 26 febbraio 2016

Racconti e riflessioni sulla censura nella musica di oggi in Italia - Salvatore De Siena

RACCONTI E RIFLESSIONI SULLA CENSURA NELLA MUSICA DI OGGI IN ITALIA

Parlare oggi di censura nella musica, richiede un’attenzione particolare, un punto di vista nuovo e degli strumenti di analisi diversi dal passato. Credo, infatti, che la censura che oggi avviene nella musica, ed in particolare in quella italiana, diversamente da un tempo, provenga soprattutto dai mass media e, cosa molto più preoccupante, dal pubblico che invece è quello che dovrebbe tutelare la libertà d’espressione artistica. A volte sono gli stessi artisti che censurano altri artisti e a volte gli stessi artisti si autocensurano. Anche le forme della censura sono cambiate. Non si censura più per il buon costume o per la religione ma per ragioni politiche o meglio dire partitiche. Impera il politicamente corretto che si declina come manifestazione di rispetto, educazione e civiltà. E questo determina per paradosso un innalzamento del baricentro della censura. Viviamo un momento storico in cui apparentemente c’è maggiore libertà artistica ma di fatto vi è una più profonda censura politica, un maggiore controllo sociale di cui, però, non sempre siamo consapevoli.

Certo non ci sono più gli uffici pubblici o peggio gli uffici politici della censura ma quella che proviene dai media, dal pubblico o dagli stessi artisti non è meno importante ed efficace, e soprattutto è più subdola perché meno visibile, meno identificabile e quindi più difficile da combattere.

Quanto ai media, credo che dietro al formale principio della libertà di stampa, libertà di parlare di una canzone o di un artista, in realtà spesso si censurino brani, dischi, progetti artistici e addirittura carriere di artisti. Lo si fa in forme negative, cioè non parlandone, oscurandolo, e, al contrario, premiando, portando avanti quelli comodi, funzionali, che non danno fastidio. Le radio e le tv stroncano gli artisti e li costringono di fatto ad adeguarsi. 

Agli artisti che conservano coscienza critica e autentica forza espressiva, i media non danno alcuno spazio. D’altra parte vi è la tendenza di molti artisti “alternativi” di pensare che sia opportuna andare a Sanremo per farsi conoscere e soprattutto per cambiare il Festival. Così di fatto, non solo investono energie in direzioni sbagliate ma legittimano ancor di più i
centri della censura televisiva mentre non si trovano energie ed idee per immaginare percorsi diversi, così finendo inesorabilmente per essere assorbiti dal sistema omologante e svuotati della loro forza musicale, creativa e sociale. Per paradosso, oggi Sanremo cerca artisti originali, fuori dal coro, da usare come spezie nella minestra insipida e fa fatica a trovarli perché nel frattempo quasi tutti gli artisti si sono “sanremizzati” per cercare di sbarcare il lunario

Ma è il pubblico oggi a condizionare maggiormente la creatività musicale. Tanti sono gli artisti che seguono il pubblico anziché essere seguiti dal pubblico. A questo riguardo un ruolo importante hanno assunto i social attraverso i quali, se da un lato si tenta di farsi conoscere, dall’altro si finisce spesso per farsi condizionare. Il condizionamento del pubblico che segue un artista spesso si trasforma in pressante richiesta di un brano piuttosto che di un altro e, in ultima analisi, in una censura. Certo nessun artista è disposto ad ammettere che il proprio pubblico eserciti su di lui una forma di censura ma questo purtroppo avviene e l’espressione artistica ne risente. Spesso gli artisti non ne sono nemmeno consapevoli e tendono all’autocensura credendo di essere liberi. Ma in realtà la censura opera subdolamente a livello primordiale di creatività e quindi tendenzialmente abbiamo pochi casi in cui la censura e la disapprovazione arriva in un momento successivo. In pratica non ce n’è bisogno perché l’artista si è autocensura e crea l’opera che tende a soddisfare le aspettative del pubblico piuttosto che seguire l’autentico flusso creativo. C’è un adattamento artistico censorio in tempo reale consentito da internet. Non è casuale il fatto che attualmente in Italia nella musica ci siano pochi casi di censura, a differenza di quanto succede nel mondo teatrale e televisivo.

Le conseguenze di questo fenomeno sono devastanti perché, a differenza di un tempo, quando la censura era dichiarata, oggi assistiamo ad un abbassamento della capacità di scrivere e rappresentare la realtà in modo critico, dirompente, anticonvenzionale e rivoluzionaria. In pratica il conformismo dilaga. Anche il fenomeno giovanile hip hop importato in Italia mostra una superficialità letteraria che fa sorridere, che al massimo solletica. Certo ci sono molte parolacce nei testi dei rapper ma oggi non sono le parolacce che danno fastidio al potere. Mettete a confronto un cantautore come De Andrè, o una band come i Negazione e un rapper come Clementino o una band come i Negroamaro e subito avrete la sensazione di una netta differenza a tutti i livelli, e soprattutto per quel che ci riguarda, di capacità critica.

Il pubblico poi censura gli artisti anche durante i concerti. Certo non è solo un fatto di oggi. Già negli anni settanta tutti i cantautori venivano contestati. Ma a differenza di quegli anni, gli artisti di oggi si adeguano con molta facilità, quindi ancora una volta si autocensurano, mentre i cantautori di allora andavano in conflitto, accettavano di confrontarsi e a volte prendevano anche le botte. Oggi il pubblico decide persino la scaletta che devi fare. E gli artisti sono accondiscendenti e non dubitano affatto della libertà che accompagna queste concessioni. Gli artisti per piacere al pubblico sono sempre più portati a sondare il terreno musicale dei gusti del pubblico. Si comportano come i politici e gli imprenditori. E alcuni di essi addirittura si convincono che bisogna studiare la teoria dei gusti dei consumatori più che i libri di musica se si vuole fare successo al mondo d’oggi. I talent show ne sono una conferma. 

Persino il mondo dell’associazionismo tende a condizionare i musicisti. Infatti le associazioni più importanti e più grandi spesso si trasformano in centri di potere che dettano le condizioni artistiche di progetti o canzoni degli artisti, su temi che stanno loro a cuore. Se un artista chiede il sostegno ad un’associazione per realizzare un progetto musicale dovrà sottostare alle larvate ingerenze degli associati. E’ come se le associazioni avessero sostituito i discografici. Infatti, oggi un discografico non si sognerebbe più di interferire nel disco di un suo artista mentre un’associazione lo fa a piene mani. Anche per questo, oltre che ragioni più strettamente economiche, si è diffusa la ricerca di fondi attraverso il c.d. “crowdfunding”, dove il progetto viene sostenuto liberamente da chi lo condivide senza che l’artista debba piegarsi ai voleri di qualcuno. 

Di quanto detto finora, nel mio piccolo, posso portare qualche testimonianza diretta. Si tratta di episodi, di fatti in cui personalmente o come Parto delle Nuvole Pesanti, è stata minacciata la libertà di decidere, di creare o di esprimere il proprio pensiero e di promuoverlo. 

Ad esempio di recente abbiamo realizzato un progetto molto impegnativo dal titolo “Terre di Musica – Viaggio tra i beni confiscati alla mafia” e abbiamo chiesto la collaborazione a Libera ma per ottenerla abbiamo dovuto modificare parzialmente il progetto, escludendo alcune tappe e alcuni partner perché non di suo gradimento. E devo dire che questo atteggiamento si è protratto fino alla fine. Le forme in cui questo condizionamento si è realizzato erano invisibili, sotterranee e comunque non dichiarate. Noi le abbiamo scoperte strada facendo tanto che alla fine non le abbiamo accettate ed il risultato è stato che nel momento in cui stavamo per chiudere il libro ed il film, lo staff di Libera ci ha fatto sapere che Don Luigi Ciotti non se la sentiva più di fare la presentazione del libro e la stessa Libera era costretta a ritirare il patrocinio. E ciò è successo dopo due anni che il progetto era stato pubblicizzato con il patrocinio di Libera.

Un altro esempio che posso fare riguarda la canzone Crotone. Si tratta di un brano che abbiamo realizzato con Fabrizio Moro e che affronta il tema dell’inquinamento perpetrato dalle fabbriche della Montecatini che per mezzo secolo hanno riversato rifiuti tossici nei mari e nei terreni della città dove ora sorgono persino le scuole dei bambini molti dei quali purtroppo si ammalano di tumore. Basti pensare che la citta pitagorica ha un’incidenza di tumori del 50% superiore alla media nazionale. Una volta pubblicata la canzone con il videoclip su youtube, sono iniziate ad arrivare minacce ed intimidazioni da ragazzi, sedicenti nostri fan, che attraverso i nostri social ci apostrofano in tutti i modi e ci accusavano di avere deturpato l’immagine di Crotone. “Crotone non si tocca” e “Vi aspettiamo a Crotone” erano le frasi più ricorrenti. Ora è chiaro che non ci siamo piegati e a Crotone ci siamo andati ma loro sotto il palco non c’erano, però si tratta di episodi ricorrenti che possono incidere specie sui giovani o sulle personalità artistiche più fragili. Insomma quando si crea un clima del genere un artista potrebbe essere indotto a pensare “ma chi me lo fa fare” “perché non si sa mai” ed allora scatta l’autocensura.  

Di recente mi è capitato di essere contestato da un gruppo di ragazzi ad un importante festival in provincia di Cosenza reo di avere perso tempo a raccontare le ragioni sociali di una canzone. Mi hanno urlato con tono minaccioso “Basta, se vogliamo sentire parlare ci vediamo il telegiornale. Tu devi cantare e basta”. E stiamo parlando di fan del Parto e non di ragazzi ostili.

Durante un concerto di Varese fatto per presentare Musica contro le Mafie, per avere ironizzato sui carabinieri che ci chiedevano di chiudere il concerto perché era mezzanotte, siamo stati esclusi da ogni ulteriori partecipazione agli eventi di presentazione del progetto “Musica contro le Mafie”. Il nostro unico torto è stato quello di avere contestato una decisione in modo ironico, diciamo in modo politicamente scorretto, ma a ben ragione perché non ci sembrava giusto suonare solo un quarto d’ora anziché i 45 minuti concordati dopo aver sopportato pioggia, fango, freddo e ritardi accumulati dall’amatoriale organizzazione dell’evento, e per giunta non eravamo nemmeno pagati, ad eccezione di un magro rimborso spese.

Ma andando un po’ indietro nel tempo, ricordo che al Concertone del Primo Maggio del 1999, venimmo redarguiti per il fatto che ci eravamo presentati vestiti da militari per protestare contro il governo italiano per la decisione di intervenire nella guerra in ex – Jugoslavia e Kossovo. Seguirono anni di embargo nei nostri confronti. 

Però la cosa che mi ha fatto rimanere più male è il fatto di non aver ricevuto nessuna solidarietà o condivisione, come si dice oggi, dagli altri artisti, quando abbiamo realizzato il progetto Terre di Musica – Viaggio tra i Beni Confiscati alla Mafia. Nessuno che ci abbia detto o scritto parole di apprezzamento, o solo un saluto per non farci sentire soli. Invece siamo stati circondati dal silenzio assoluto, salvo alcuni casi come Carlo Lucarelli, Claudio Lolli, Fabrizio Moro, Alfonso De Pietro, tutti artisti che a loro volta sono socialmente impegnati.

Potrei fare tanti altri piccoli esempi dei modi e delle forme in cui si esercita la censura e l’autocensura ma in conclusione quello che mi preme sottolineare é il vento di rinnovata autocensura che sta arrivando con la lotta al c.d. terrorismo islamico. Siamo un po’ tutti spaventati, o meglio stanno cercando di spaventarci, e in nome di questa battaglia siamo disposti ad autolimitare le nostre idee e i nostri spazi di libertà artistiche. Pongo una domanda: quale artista oggi e dico oggi avrebbe il coraggio di scrivere una canzone controcorrente? 

SALVATORE DE SIENA

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